sabato 20 marzo 2010

Pensieri sfuocati 2



Non ci voglio andare.


A lambrate, c'e' un locale, piccolo, dove fanno la birra.Tutti lo conoscono.

Sono stato li l'altro giorno, mi sono bevuto due porpore e una lambratina, finche' i sensi hanno iniziato ad abbandonare quella sicurezza che ottusamente ostentano. Ero li con alcuni colleghi ed ex colleghi. Tra questi c'era una mia ex-collega, una che mi piace molto, non tanto fisicamente, quanto mentalmente. Mano a mano che la timidezza svaniva proporzionalmente alla porpora ingerita, i sorrisi e le mani iniziavano a sfiorarsi con timidezza.

Io la voglio,
lei lo sa,
io lo so.

E' strano come le persone diventino amiche.
C'e' un vento sinistro che striscia tra il malto e l'aria primaverile di via adelchi.


Nell'olio calmo mi cullo, vedo volti famigliari li fuori, mentre io e lei fumiamo soli, raccontandoci pezzi delle nostre vite, i nostri colleghi all'interno ridono, mangiano e bevono, con pensieri innocenti brindando ad un fragile futuro. Torna a casa questa sera, dalla figlia e dal marito, come e' consuetudine che sia. L'aria vibra tra i caotici disegni del fumo. Fa freddo, sento il suo corpo avvicinarsi, la stringo per proteggerla dal vento fresco, un gesto peccaminoso come la fede che porta al dito.

Lei lo sa,
io lo so.

Voglio strappargli un bacio, uno di quelli brevi, che non fai in tempo ad assaporare, che non ti soddisfa, che ti lascia in tensione come la sesta sulla settima, una perenne incapacita' di concludere.

Lei percepisce la vibrazione instabile,
Io anche.

In questo stato di disordine mentale, tutto e' piu' chiaro e felice.
Io non ci voglio andare laggiu', nella campagna desolata, per un lavoro insulso nato da un progetto insulso di persone insulse.

Per tornare a casa, solo, prendo il metro a Lambrate, scendo a Piola, una sola fermata, perche' mi piace la metropoli, mi piace viverla nel suo sottosuolo urbano, mi piacciono i suoi odori, mi piace la sua malata routine, mi piace la cacofonia dei binari.

Percorro strade parallele, per allungare il tragitto e respirare l'aria di questa Milano di fine marzo.
Strani pensieri nascono con euforia crescente nella mia mente ovattata. Nessuno di questi e' in grado di vincere la realta'. Tra un mese o poco meno, dovro' andare laggiu', nella squallida campagna albanese, a fare che? per quanto tempo?
Desidero stringerle le mani alla vita, strappargli un bacio furtivo, veloce, nient'altro.
Dopo le porpore, divento un esile adolescente, in balia delle correnti, senza riferimenti, pronto a buttarsi ovunque ci sia qualcosa che brilli.

La fede al dito brilla, nel sua luminosa cattiveria.
I suoi occhi brillano, nella loro opaca timidezza.
Il boccale di porpora brilla, nella sua ambrata visione del mondo, consegna le chiavi di una lettura, amabile.

Io non brillo, perche' non so piu' come bruciare.
Spargo benzina ambrata ovunque nelle mie vene, per un'immaginaria proiezione di tutto cio' che non sara' mai.


Laggiu' parlano inglese?

venerdì 12 marzo 2010

Pensieri sfuocati



Sento lo stress adosso come sudore sporco.
E' un periodo in cui tutto scorre veloce, male, senza senso alcuno.

Forse mangio pochi carboidrati.

Il nervoso ha conquistato tutto il mio corpo ed io tremo come un fiore percosso brutalmente dal vento. Questa notte, durante uno spazio vuoto, mentre tutte le luci della citta' erano spente ed i suoi abitanti dolcemente addormentati, ho riflettuto su me stesso, e' stato come bere vino dal cartone.


Una sera, percorrendo via tortona, ho attraversato la passerella di ferro color verde. C'era un ragazzo lassu', suonava il suo jazz con la tromba, le luci diffuse e l'odore umido della mia citta' hanno creato un'atmosfera speciale. In lontananza il 29 arrivava lentamente nella sua amabile insicurezza. Un brivido come un lampo, dal basso verso l'alto.

E' una bella citta', Milano.

Al lavoro mi hanno affidato un nuovo progetto, la cui sede ultima sara' in un posto che so a malapena localizzare su una cartina geografica. Un posto dimenticato da dio (e forse anche dagli uomini), in mezzo al nulla, nella piu' sperduta e desolata campagna fangosa. E' cosi che me lo immagino, probabilmente non ci vuole nemmeno il passaporto per andarci. A dire il vero ho anche il dubbio che ci sia l'areoporto.

Cosi, questa notte ho pensato alle alternative, e non ne ho trovate.

La questione dei permessi di soggiorno, mi ha sempre creato fastidi.
Ragazzo cerca ragazza scopo matrimonio per scambio visa.

Pensieri sparsi di una notte senza tempo.
Una Milano senza sole.
Una citta' dove le pozzanghere non riflettono e la gente non sorride.

Bisogna nascondersi, tra la folla, nella sua media si trova l'unica via per la sopravvivenza.
Ma a tratti, ci si ubriaca all'eccesso, barcollando per le strade della citta' mondiale della moda, tra i suoi locali brillanti, le sue luci fredde, i suoi volti patinati, la sua pelle bianca, liscia, cosi bella ed inumana.

Modelle alte e slanciate, tacchettano per il pave' sconnesso di via tortona, volti senza anima, perfetti, asessuati nelle loro forme cosi delicate, lo sguardo insipido di un manichino porta abiti, l'odore fresco di un corpo senza vita.
Ed un foglio a terra, contenente quel che rimane di una poesia, lentamente si squaglia con l'acqua che cade, lacerato dai tacchi bastardi che insistentemente lo calpestano, l'accanimento e' brutale, e come un sogno, svanisce sbranato dalla cattiveria di bellezze impalpabili.

La necessita' di avere qualcosa di piu', e' persa.
E questo vuoto e' anestetizzato da numerosi giri di cocktail colorati, vestiti come innocenti vergini di design made in italy, il cui solo fine e' l'eccesso della quantita'. Desideri di possesso veloce di un corpo appariscente e sensuale, al comando di banconote da cento.
L'eccesso e' necessario, in ogni sua forma, il corpo e' portato al suo limite fisico nella ricerca invana di ricomporre la poesia.


Pensieri abortiti, la cui rabbia stanca si e' accovacciata a guardare i passanti alla dolce interpretazione di somewhere over the rainbow...



Finche' tutto non e' piu' lucido.



Neelps